In mostra presso la concattedrale di Sant’Andrea in Mantova da 1 -10 Aprile 2023
LA COLLEZIONE DELLE “BOTTIGLIE DELLA PAZIENZA”, O ”BOTTIGLIE MISTICHE”, DEL FOTOGRAFO GIANNI BELLESIA
Tutto nacque casualmente una domenica come tante, di alcuni anni fa, in giro per mercatini, quando su di una bancarella, il fotografo Gianni Bellesia, appassionato collezionista di immagini sacre della devozione popolare, notò una bottiglia con dentro un crocefisso assieme ad un santino ed altri piccolissimi oggetti di legno. Chiese al venditore di cosa si trattasse, e questi raccontò che quella insolita bottiglia era stata realizzata da un soldato in trincea, durante la prima guerra mondiale, come atto di preghiera e come richiesta di una grazia, affinché gli venisse salvata la vita.
L’oggetto incuriosì molto il fotografo al punto che lo spinse ad una ricerca più approfondita sull’argomento. In Italia, però, trovò pochissimo materiale sull’argomento, ma, grazie ad Internet, gli è stato possibile recuperare alcune importanti informazioni su siti stranieri, riguardanti queste insolite bottiglie, testimoni di una singolare devozione popolare. Su alcuni di questi portali ha anche potuto acquistare molte altre bottiglie simili alla prima, che oggi fanno parte della sua curiosa collezione.
Esse provengono da varie parti d’Europa e non solo, anche se il soggetto è sempre il medesimo: la crocefissione di Cristo con tutti gli strumenti della Passione, la sua interpretazione varia di parecchio, di bottiglia in bottiglia. Cambiano le forme degli oggetti della Passione, la loro disposizione ed anche i materiali con i quali essi sono stati realizzati. In alcune di queste bottiglie sono ricostruiti dei veri e propri minialtari; in altre ancora, attorno alla figura del Cristo, compaiono anche la Madonna e la Maddalena, nonché le croci dei due ladroni. Non è stato però possibile trovare da parte di Bellesia, informazioni molto approfondite sull’origine di queste strane forme d’arte popolare, chiamate anche, con un termine latino: “Arma Christi”. Le poche notizie che l’autore della mostra è riuscito a recuperare sono da un sito tedesco, che è collegato ad un piccolo museo dedicato proprio a questi insoliti oggetti religiosi. Le altre informazioni provengono soltanto dai vari venditori, nei mercatini o sui vari siti d’antiquariato, ma di queste informazioni non è stato possibile trovare riscontri di conferma su testi storici.
Ovvio che l’idea di inserire oggetti dentro alle bottiglie risale a molti secoli addietro: basta ricordare i tanto celebrati messaggi dei marinai che, tramite esse, affidavano al mare le loro speranze, le loro preghiere o i pensieri d’amore. Oppure pensiamo a quelle piccole navi che, durante i lunghi viaggi, sempre i marinai, realizzavano dentro alle bottiglie per occupare le lunghe giornate inoperose, bottiglie che poi vendevano nei porti dove sarebbero attraccate le loro navi.
Sempre legata alla storia dei marinai vi erano altri tipi di bottiglie che amavano portare con sé questi viaggiatori: quelle dentro alle quali mettevano, un santino o una preghiera o i capelli della madre o della donna amata. Questi erano oggetti di consolazione durante gli interminabili viaggi per mare ed il vetro li preservava dall’umidità e dalla salsedine.
Altre notizie sull’origine di questi insoliti oggetti sono state trovate, nel maggio 1995, nel volume 27 delle pubblicazioni del Museo Austriaco del Folklore di Vienna, intitolato: “Bottiglie di pazienza del minatore”. Il testo è il risultato di diversi anni di indagini ed in esso sono state pubblicate 53 illustrazioni di queste bottiglie, realizzate, secondo questa prestigiosa pubblicazione, dai minatori che operavano nell’area dell’ex monarchia austro-ungarica o in altri distretti minerari tedeschi, in un periodo che va da fine Settecento a tutto l’Ottocento” .
Da un venditore italiano, ma non ci sono riscontri storico-scientifici che lo comprovino, è stato appreso pure che molte di queste bottiglie venivano allestite anche da carcerati come atto di espiazione dei propri peccati; altre invece pare venissero realizzate da religiosi come vero e proprio atto di preghiera, similmente a ciò che avviene quando un monaco ortodosso realizza una icona di Cristo o di un Santo. In altri casi esse rappresentavano degli ex voto per grazie ricevute. Certo è che il termine che in alcuni casi si riscontra, “Bottiglie della pazienza”, traduzione del tedesco “Gedulsflaschen”, fa ben intendere come queste siano state realizzate con tanta pazienza, visto che ogni singolo componente è stato inserito all’interno, soltanto attraverso il collo e dentro poi è stata riassemblata l’intera scena con colla, pinzette, tempo e pazienza. Nessuna di queste bottiglie, infatti, presenta tagli del vetro alla base, per favorire l’inserimento dei vari elementi, e per realizzarne una, probabilmente è stato necessario lavorare, proprio con “santa pazienza” per diverse settimane.
Con l’avvento del modernismo ed anche di una diversa interpretazione del valore cristiano dei simulacri religiosi, la realizzazione di questi oggetti di culto che il fotografo Gianni Bellesia ama chiamare anche: “mistici”, ha avuto un lento declino, nonostante alcune delle bottiglie della sua collezione siano state realizzate negli anni settanta del secolo scorso, come si evince da scritte poste al loro interno.
Sul sito tedesco che conserva e racconta queste “Bottiglie della Passione di Cristo”, si legge anche che questi oggetti religiosi venivano realizzati diventando oggetti di culto per preservare l’autore dell’oggetto stesso, e quanti lo avrebbero venerato, dalla morte improvvisa. Però anche di questa notizia non sono state trovate spiegazioni più approfondite da altre fonti.
Alcune di queste bottiglie i cui “Strumenti della Passione” sono realizzati soltanto in legno semplice, senza lavorazioni aggiunte, contengono ancora quello che, presumibilmente, può essere Vin Santo da messa, quindi utilizzate anche durante le funzioni religiose. Questi contenitori, che non hanno le pretese di essere pregiate opere di valore artistico, sono però la testimonianza del prezioso lavoro di fede e pazienza di ignoti cristiani che ci hanno lasciato segni antichi di una importante devozione popolare, quasi completamente perduta, dove il simulacro era ancora un oggetto caricato di mistero trascendentale, quasi un tramite tra l’uomo e Cristo, al quale rivolgersi per ottenere la salute del corpo e pace nell’anima.
Note dell’autore Gianni Bellesia
Foto Studiio Bellesia
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